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Locandina |
Dopo il non troppo amato (per usare un eufemismo) "I racconti di Terramare" - recensione
qui - lo Studio Ghibli dà a Goro Miyazaki le redini di un nuovo film d'animazione "La collina dei Papaveri", sceneggiato però dal padre di lui, il grandissimo Hayao Miyazaki.
Trama
Siamo nel Giappone del 1963, l'anno delle olimpiadi, all'inizio del boom economico che a breve investirà il paese eliminando tutto ciò che è vecchio e poco funzionale.
Umi è una ragazza di 17 anni che vive in una villa/pensione in cima ad una collina (chiamata per l'appunto
la collina dei papaveri), da lei interamente gestita. Ogni mattina Umi prepara la colazione per il fratello, gli ospiti della pensione e la nonna, proprietaria della villa, ed issa le bandiere secondo il codice nautico per salutare le navi della baia, in ricordo del padre morto durante la guerra in Corea.
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Il Quartier Latin, incasinato ma con un suo fascino |
Contemporaneamente Shun, un suo compagno di classe, si batte per impedire l'abolizione del "Quartier Latin", antico edificio sede dei vari club scolastici; sarà proprio questa battaglia che li porterà a conoscersi, frequentarsi ed innamorarsi. Ma proprio come in uno sceneggiato di terz'ordine (per citare le parole di Shun) l'ombra del passato aleggia sul futuro di questi ragazzi: viene quindi riproposto il leitmotiv di tutto il film
"se non conosciamo il passato non può esserci un futuro", e questo vale sia per il Quartier Latin, che per i due protagonisti.
Pensiero
Lontano sia dall'inconcludenza della prima opera, sia dal fantasy che da sempre caratterizza le opere paterne,
Goro Miyazaki realizza un piccolo gioiello dell'animazione; il tocco del maestro è innegabile e si evince dalla trama semplice ma non banale,
dalla profondità dei sentimenti e dalle
musiche sempre toccanti (in coda trovate il video con la canzone finale ad opera di Satoshi Takebe).
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Un sentimento sempre più forte |
La bravura del regista risiede nell'
ambientazione e nei paesaggi, riprodotti in modo pressoché perfetto: ci trasportano e ci coinvolgono nel mondo rappresentato sullo schermo. Buona la
caratterizzazione psicologica dei protagonisti ma inesistente per quanto riguarda i personaggi secondari che rimangono mere figure sullo sfondo. Deludente il
character design, troppo "Hayao's style" e il deus ex machina finale con il fiabesco "...e tutti vissero felici e contenti".
Giudizio finale : Bello ma non eccelso
Questo film l'ho visto al cinema nell'unico giorno in cui è uscito nelle sale è mi è piaciuto parecchio. Personalmente ho adorato i protagonisti e lo spirito corale da "l'unione fa la forza" dei ragazzi della scuola (la scena del coro è la mia preferita!).
RispondiEliminaForse il character design non è originale ma è anche un "cavallo vincente" di cui dubito lo studio Ghibli farà mai a meno ^^
Io purtroppo quel giorno non potevo (mi urta parecchio che la programmazione sia stata limitata ad un unico giorno).
EliminaAnche Isao Takahata fa parte della grande famiglia dello Studio Ghibli, ma questo non gli impedisce di avere uno stile proprio.